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BREVE STORIA DEL CANARINO prima parte e seconda parte

Canarini di forma e posizione lisci, canarini di forma e posizione arricciati, canarini di colore.

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COMITATO REDAZIONALE
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BREVE STORIA DEL CANARINO prima parte e seconda parte

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BREVE STORIA DEL CANARINO prima parte

Tra le varie specie di canarini selvatici — di cui diremo nell'apposito capitolo — quella da cui discendono i canarini do¬mestici è originaria delle isole Canarie da cui questi uccelletti prendono nome (vi sono però esemplari selvatici della stessa specie anche a Madera e nelle Azzorre).
L'Arcipelago delle Canarie è composto di isole vulcaniche situate a poca distanza dalla costa nord-occidentale dell'Africa (di fronte alla costa del Rio de Oro, antica colonia spagnola ora inclusa nella provincia ispanica d'oltremare del Sahara Spa¬gnolo). Il nome « Canaria » viene dal latino canís (= cane), no¬me che gli antichi diedero a queste isole perché vi trovarono una razza di cani selvatici poi scomparsa. Come si vede, il nome del più popolare uccellino domestico deriva, sia pur indirettamente, da quello dell'amico dell'uomo.
L'Arcipelago comprende sette isole maggiori (attualmente suddivise in due provincie insulari spagnole, la provincia di Las Palmas che raggruppa le isole Gran Canaria, Fuerte Ventura e Lanzarote ; la provincia di Santa Cruz de Tenerife con le isole Tenerife, La Palma, Gomera, Hierro) e sei isolotti minori, pres¬soché disabitati, inclusi nella provincia di Santa Cruz.
Queste isole, chiamate da Tolomeo insulae fortunatorum, era¬no ritenute un tempo estremo limite occidentale della Terra. Furono visitate dai Fenici e dai Cartaginesi che vi si stabilirono, sino a che non vennero eliminati dai Romani. Rimasero quindi ignote al resto del. Mondo sino al basso Medioevo, e le notizie riguardanti la riscoperta appaiono confuse e incerte. Di sicuro sappiamo solo questo : che le Canarie furono visitate e conqui¬state dal genovese Lancellotto Malocelli (o Marocelli), tra il 1310 e il 1319. Dopo una serie di contese tra i re di Castiglia, di Fran¬cia e del Portogallo. la loro conquista ed esplorazione sistematica fu effettuata dalla Spagna e nel 1427 Enrico III di Castiglia con¬cesse l'Arcipelago al cavaliere normanno Giovanni di Bethen¬court che vi aveva già effettuato diverse esplorazioni sin dagli inizi del secolo fondandovi anche una colonia. Secondo quanto riferiscono le cronache reali, il Bethencourt nel 1406 offri alla regina di Francia Isabella di Baviera dei canarini che, se l'episo¬dio narrato rispondesse a verità, sarebbero stati i primi a venire introdotti in Europa. Nel 1493 gli Spagnoli ripresero formale possesso delle Canarie, comprendendole in seguito nel loro do¬minio coloniale.
La popolazione indigena, costituita dalla bella e vigorosa razza dei Guanci, resistette eroicamente all'invasione spagnola preferendo la distruzione al dominio straniero : è infatti ormai del tutto estinta.
Una volta impadronitisi delle isole gli Spagnoli ne passarono in rassegna le risorse, com'è costume di ogni conquistatore, e in mancanza di miniere d'argento e di filoni auriferi puntarono la loro attenzione sul caratteristico uccellino che popolava in folti stormi le foreste dell'Arcipelago. Si trattava d'un passeraceo (tuttora allignante nelle Canarie) dalla colorazione mimetica pre¬valentemente verde con tonalità grigiastre sul dorso e giallastre nelle parti inferiori del corpo sfumanti in giallo oro sulla gola. Zampe e becco di color carnicino scuro. Questi uccelli, più pic¬coli degli attuali canarini domestici, prediligono i boschi inter-rotti da radure cespugliate, i giardini e le macchie fiancheggianti corsi d'acqua ; per l'innato istinto socievole e confidente erano e sono facilmente catturabili, con l'impiego di richiami.
Gli Spagnoli non tardarono ad apprezzare il notevole canto dell'uccellino nonché la sua abbastanza rapida assuefazione alla vita captiva, tanto che il minuscolo alato divenne in breve og¬getto di un florido commercio. Esso fu denominato Canario dagli Iberici, appellativo che può essere usato anche in lingua italiana dov'è considerato sinonimo di « canarino ». Nell'aristocrazia ibe¬rica imperò presto la moda del possesso di questi graziosi pen¬nuti (le dame dell'epoca solevano farsi ritrarre con un canarino posato sull'indice d'una mano, come ci testimoniano gli anneriti dipinti nei vetusti castelli dell'Andalusia, della Catalogna e della Castiglia) ; il desiderio di possedere dei canarini non tardò a diffondersi anche in altre nazioni (limitatamente ai ceti abbienti, stante l'alto prezzo non alla portata delle altre categorie sociali), e gli Spagnoli, avendo constatato la facilità con cui il canarino si riproduceva in gabbia, per non perdere un cosí: proficuo monopo¬lio esportarono solo soggetti maschi. Senza l'intervento del fato questo regime monopolistico chissà quanto tempo sarebbe durato, ritardando notevolmente la diffusione del canarino domestico in Europa, ritardo che avrebbe certamente impedito alla canaricol¬tura di raggiungere quei traguardi di cui oggi giustamente si vanta.
Verso la metà del XVI secolo — l'anno preciso non si co¬nosce — una nave spagnola con rilevante carico di canarini di fresca cattura, mentre era in rotta per Livorno fu sorpresa da un uragano che la mandò a naufragare sugli scogli dell'isola d'Elba. I canarini riacquistarono cosí la libertà (forse le gabbie furono aperte dai marinai prima dell'abbandono della nave o forse si sfasciarono nell'urto) e presero stanza nella bella isola tirrenica che con il suo dolce clima costituiva per essi una residenza ideale. Qui i canarini si acclimarono benissimo, riproducendosi ed in¬crociandosi anche con dei fringillidi nostrani (secondo alcuni naturalisti il Verzellino sarebbe appunto il frutto di uno di questi incroci). Dall'isola d'Elba i canarini non tardarono a diffondersi in buona parte dell'Europa, diffusione dovuta principalmente agli Italiani, i quali ne curarono l'allevamento e fecero largo com¬mercio dei soggetti nati in prigionia.
Esistono anche delle versioni un po' differenti a proposito dell'introduzione in Europa del canarino. Secondo l'Olina la nave spagnola sarebbe naufragata ad ovest dell'isola d'Elba, in alto mare, e sarebbe stato il vento a spingere i canarini, levatisi in volo dopo la liberazione, verso l'isola ch'era la terra ferma più vicina. Se questa versione non è sostanzialmente diversa dalla prima, del tutto differente è quella data dal Berthoud secondo cui i primi canarini furono importati in Europa solo nel XVI secolo dall'inglese Walter Raleigh che, tornando da un viaggio al¬le Canarie, nel 1580 ne portò alcuni, in una gabbia di fili d'oro, in regalo alla regina Elisabetta. La sovrana dapprina non fu entusiasta di questi volatili a causa del modesto piumaggio, ma dopo averli sentiti cantare ne rimase conquistata si che da quel momento i canarini divennero i suoi animali favoriti. Si dice an¬che ch'ella rimase in seguito molto stupita del fatto che le piume di questi uccelletti andassero cambiandosi, nidiata dopo nidiata, anno dopo anno, assumendo una tinta giallo pallida al posto di quella verde-grigia originale. Si gridò al miracolo e Shakespeare in uno dei suoi poemi la allusione a questa trasformazione « do¬vuta agli sguardi di una sovrana più potente per produrre dell' oro che il sole dell'Atlantico ». La regina Elisabetta dopo questo fatto amò ancor di più i suoi canarini, ne prese cura speciale, distribuendone ogni tanto qualche coppia ai suoi favoriti, i quali si disputavano questo ambito segno di benevolenza regale.
Questa la versione inglese dell'introduzione del canarino in Europa, da ritenersi infondata. In realtà il Berthoud confonde la prima importazione di canarini in Gran Bretagna con quella in Europa, il che è tipico degli Inglesi ; non dimentichiamo che l'autorevole « Times » un giorno di nebbia fittissima, che rendeva impossibile la navigazione, pubblicò a tutta pagina il seguente titolo : « Nebbia sulla Manica. Il Continente isolato D. Del resto il fatto stesso della mutazione di colore insorta a breve distanza dall'importazione dei soggetti selvatici starebbe a dimostrare l'in¬fondatezza storica di quanto riferito dal Berthoud. La prima ver-sione da noi riportata è quella più attendibile, accettata comu¬nemente dalla maggioranza degli Autori e se qualcosa di vero c'è nella versione inglese, appare evidente che il Raleigh si li¬mitò a portare in regalo alla sua regina dei canarini nati in cat¬tività, discendenti da un ceppo riproducentesi in gabbia già da molte generazioni.
Tornando al processo di diffusione del canarino in Europa, bisogna dire che dopo gli Spagnoli e gli Italiani, furono i Tede¬schi a divenirne i maggiori produttori, dando vita ad un florido commercio che durò con crescenti fortune dalla metà del XV secolo ai primi decenni del XIX secolo. I principali centri d'al'e vamento si trovavano nella Germania meridionale e nell'alto Ti¬rolo, donde negozianti girovaghi partivano per recarsi nelle va¬rie nazioni europee a vendere i loro canarini, raggiungendo ance la Svezia, la Russia, la Turchia e l'Egitto. Il borgo minerario ti¬rolese di Imbst fu uno dei primi importanti centri di produzione


BREVE STORIA DEL CANARINO seconda parte

Tornando al processo di diffusione del canarino in Europa, bisogna dire che dopo gli Spagnoli e gli Italiani, furono i Tede¬schi a divenirne i maggiori produttori, dando vita ad un florido commercio che durò con crescenti fortune dalla metà del XV secolo ai primi decenni del XIX secolo. I principali centri d'al'e vamento si trovavano nella Germania meridionale e nell'alto Ti¬rolo, donde negozianti girovaghi partivano per recarsi nelle va¬rie nazioni europee a vendere i loro canarini, raggiungendo ance la Svezia, la Russia, la Turchia e l'Egitto. Il borgo minerario ti¬rolese di Imbst fu uno dei primi importanti centri di produzione
dei canarini ; i contadini e i minatori scendevano in Italia ad ac¬quistare canarini di cui poi curavano la riproduzione ; i soggetti allevati venivano venduti da merciaioli ambulanti che ogni anno si riunivano prima di mettersi in viaggio per l'Europa portando sul dorso, secondo quanto ci è riferito, delle gerle ricolme di cana¬rini per un valore di circa 350 fiorini e recando seco una certa somma (in genere equivalente al valore dei pennuti da smer¬ciare) destinata all'acquisto di altri canarini nei vari centri della Germania. Questi venditori ambulanti partivano da Imbst ai pri¬mi di agosto e ritornavano all'epoca della quaresima e in en¬trambe le occasioni veniva fatta una festa popolare.
A Norimberga ai principii del diciassettesimo secolo venivano allevati più di ottomila canarini all'anno, per lo più da artigiani,
la vendita di questi canarini di Norimberga dovette in seguito ampliarsi di molto dato che le cronache riferiscono che le auto¬rità si videro costrette ad emanare severe leggi contro mercanti disonesti che vendevano canarini comprati in altri luoghi spac¬ciandoli per « veri norimberghesi ». Solamente mercanti stranieri noti per la loro onestà avevano il permesso di acquistare canarini in Norimberga e alla loro partenza dovevano farsi rilasciare un certificato indicante quanti erano i soggetti acquistati per l'espor¬tazione.
In seguito pur restando la Germania il principale centro di produzione del canarino (si calcola che agli inizi di questo secolo la Germania esportasse circa un milione di canarini all'anno, per un valore di almeno sei milioni di lire) importanti allevamenti di questi uccelletti domestici sorsero anche in altre nazioni euro¬pee sotto la spinta della sempre crescente richiesta non solo dei mercati europei ma anche di quelli d'America, d'Australia e fi¬nanco di alcuni paesi asiatici come l'India.
A circa un secolo di distanza dalla loro introduzione in Eu¬ropa, negli allevamenti di canarini si verificarono variazioni nel¬la colorazione del piumaggio dapprima in un modesto numero di soggetti ed in seguito, dato che tali modificazioni cromatiche era¬no dominanti ed a carattere ereditario, in scala sempre maggiore finché un nuovo colore, il giallo, prese decisamente il sopravvento sugli originali colori del mantello. La causa di questa variazione di colore, limitata ai soggetti allevati in cattività, si può far ri¬salire al verificarsi di una o più mutazioni, insorte spontanea¬mente, nei geni che presiedono alla colorazione del piumaggio. Le mutazioni non si limitarono al « fattore >_> colore ma interes¬sarono in seguito anche la mole e la disposizione delle piume e persino leggere modifiche a carico della struttura somatica di questi uccelli (nel XVIII secolo nei canarini allevati in Inghil-terra nella contea di Lancashire si verificò una seconda anomalia, la comparsa del ciuffo sul capo). I fattori determinanti quelle mutazioni possono essere stati molteplici : fra questi certamente il regime alimentare e l'habitat artificiale. Ma fu soprattutto l'uo¬mo, con il suo desiderio di ottenere soggetti che si distingues¬sero per qualche particolarità dalla massa, praticando a tale scopo opportuni incroci, a sfruttare e ampliare queste mutazioni sorte per caso, giungendo cosí a creare razze di canarini che si differenziano talmente dall'originario uccelletto selvatico (Serinus canarius) da indurre il profano a dubitare di questa discendenza.
Per quanto concerne la bibliografia del canarino, i primi accenni al volatile — ossia ai soggetti dal piumaggio prevalente¬mente verde, importati direttamente dalle Canarie o riprodotti in gabbia da poche generazioni ed aventi quindi aspetto simile a quelli selvatici — si trovano nel « Icone avium omnium de avium natura » del Gesner e nella « Histoire de la nature des oiseaux » editi rispettivamente a Zurigo ed a Parigi nel 1555.
Una diffusa descrizione del canarino con rozza illustrazione si trova poi nell'opera dell'Aldrovandi « Ornithologiae » in dodici libri (Bologna 1599-1603) ; nel 1601 Antonio Valli da Todi ne fece trattazione in un'opera intitolata « Il canto degli uccelli » ; altra descrizione corredata d'illustrazione si trova nel libro
« Uccelliera » dell'Olina, edito a Roma nel 1622.
Fra i libri che in seguito trattarono del canarino segna¬liamo : « Ammaestramento per allevar, pascere e curare gli uc¬celli » del Manzini, edito a Milano nel 1645 ; « Traité du serin canari et autres petits oiseaux de voliere, avec la maniere de les élever et de guèrir leurs maladies » edito da Claude Prudhom¬me a Parigi nel 1707 ; il « Nuovo trattato utilissimo de' canna¬rini » dell'Hervieux, edito a Venezia nel 1724 (traduzione della precedente edizione originale in francese del 1713, il « Traité des serins de Canarie) ; « I canarini » del da Persico, Verona 1728 (poemetto che insegna come allevare i canarini) ; « Orni¬thogonia, ovvero la cova de' canari, per facilitarne la moltipli¬cazione, educarli e mantenerli sani » di Farmacopio, edito a Ro¬ma nel 1759 ; « Amusement des dames dans les oiseaux de vo¬liere ou traité des oiseaux qui peuvent servir d'amusement au beau sexe » del Buchholz, Parigi 1785 ( ristampa di precedente edizione) • « Ornitologia, ovvero la cova de' canarj per facilitar¬ne la moltiplicazione, educarli e mantenerli sani » opera di frate Basilio, Roma 1794 ; nel 1822 a Milano vengono editi due libri con lo stesso titolo « Trattato delle malattie degli uccelli e dei diversi metodi di curarle », uno del Bossi e l'altro del Silvestri ;
« L'Art de multiplier les serins », Paris, Baudoin, 1828 ; « Der Gesang des Harzer Hohlrollers », Stuttgart 1876 ; « L'ornitoja¬tria o la medicina degli uccelli », Rivolta-Delprato, Pisa 1880 ;
« Der Harzer Kanarienvogel », Brander, Stettino 1888 ; « Tratta¬to completo delle malattie e dell'allevamento di tutti i volatili e degli uccelli di aggradimento », Balduzzi, 1891 ; « Katechismus der Kanarienzucht », Lauener e Grosse, edito da Lauener a Lipsia nel 1895.
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