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Il Drongo del Paradiso-Dicrurus paradiseus

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COMITATO REDAZIONALE
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Il Drongo del Paradiso-Dicrurus paradiseus

Messaggio da COMITATO REDAZIONALE »

Il Drongo del Paradiso

in particolare in alcune sue Sottospecie, è il più bello,vistoso e spettacolare rappresentante del gruppo, per la livrea nero lucente, ornatadi riflessi, il ciuffo pieno e ricurvo, ma soprattutto per le due straordinarietimoniere esterne prive di vessillo che possono raggiungere i 35 centimetri e con l'estremità a forma di spatola; quando l'animale è in volo, come scrive il Perrins:
"Sembrano due uccellini o delle api che viaggiano a rimbalzi dietro il suo dorso".


È Specie politipica.
Un pomeriggio di molti anni fa,, andai, come spesso facevo, a far visita a un mio amico, grosso importatore di animali esotici che aveva ricevuto in quei giorni, fuori programma, una grossa partita di uccelli dall'India e, per mancanza di spazio, era stato costretto ad ammassarli,
provvisoriamente, in gabbioni e voliere nella stalla di un cascinale in disuso, pocomdistante dalla sua abitazione. Lo trovai indaffaratissimo, aiutato dai suoimfamiliari, a pulire i contenitori, a distribuire acqua e cibo e a preparare le cassette
per le spedizioni. Aggirandomi per l'ampio locale, in un concerto tale di grida assordanti e canti melodiosi che sembrava di essere nel bel mezzo di una giungla all'alba, vidi, posata sul muretto che divideva le mangiatoie, una gabbia con cinque Dronghi del Paradiso, più esattamente quattro, perché uno giaceva ormai
cadavere sul fondo. - C'è un Drongo morto - urlai, per farmi sentire.
L'amico si avvicinò: "Lo so, disse, è già il terzo che muore; anche gli altri sono destinati a fare una brutta fine. Non vogliamo saperne del pastone, mangiano
soltanto insetti ed io non ho il tempo di stare loro dietro: se ti interessano portali via". Non me lo feci ripetere due volte; caricai in macchina la gabbia con i quattro
superstiti e tornai a casa. Erano veramente in pessime condizioni: le timoniere esterne rotte all'altezza delle altre penne o poco più sotto (soltanto uno le aveva ancora integre, ma di diversa lunghezza), il ciuffo tutto sporco e appiccicato; così
magri che il petto sembrava un coltello.
Eppure, nonostante questo, conservavano ancora un portamento altero, proprio a molti rapaci, messo ancor più in risalto da quello starsene immobili sul posatoio:
lo sguardo vivido, l'aspetto grifagno. Guardandoli, per una di quelle associazioni d'immagini un po' irrazionali che qualche volta svegliano nel cervello memorie sopite dal tempo, mi ricordarono il Corvo, la Civetta e il Grillo parlante, sussiegosi e
paludati di nero al letto di Pinocchio, visti in un disegno della mia infanzia: in questo caso erano quattro. Per niente timorosi, mi permisero di introdurre, senza scomporsi,
la mano nella gabbia per deporvi sul fondo pezzetti di carne cruda e numerose larve di Tenebrio molitor. Appena richiusi lo sportello, scesero con calma dal posatoio e a ogni colpo di becco un "Gremignolo" scomparve nelle ampie fauci; la carne
invece fu tenuta ferma con gli artigli e inghiottita a piccoli frammenti. In pochi minuti fecero piazza pulita dell'abbondante cibo; poi risalirono tranquillamente su un unico posatoio.
Nella prima settimana, man mano che, nutriti con generose quantità di larve e carne cruda ricuperarono peso, divennero sempre più vigili e forastici dibattendosi
a ogni mio tentativo di introdurre la mano nella gabbia. Ben presto, però, impararono a riconoscermi arrivando in poco tempo a prendere il cibo dalle dita. Più difficile fu indurli ad accettare i pastoni per insettivori del commercio, mangiati tutti in piccole quantità, scegliendo le parti più gradite e soltanto dopo averli
mischiati con dosi decrescenti di carne cruda, larve di Tenebrione e insetti trovati in giardino. Questi ultimi alimenti rimasero comunque un cibo insostituibile. Sebbene alloggiati in una volieretta di modeste dimensioni, vissero sempre di buon accordo, limitandosi a allontanarsi reciprocamente con un colpo
di becco, inferto di lato, tutte le volte che la distanza sul posatoio, tra di loro,diveniva troppo esigua, o beccandosi a vicenda sulla testa quando si ostacolavano
alla cassetta del cibo. Erano colpi portati senza energia, quasi appoggiando il becco e accompagnati da un breve "chiocciare", come se dicessero: "Per favore scansati". Un comportamento completamente diverso da quello osservato in natura e descritto da Jerdan.
Dopo alcuni mesi, pressato da impegni professionali che mi lasciavano poco tempo libero, fui costretto a disfarmene: i quattro Dronghi, restituiti all'amico, trovarono subito un compratore. Mi separai da questi uccelli veramente a malincuore, per l'ottima impressione che ne avevo avuto: belli, intelligenti, domestici.
Il seguente episodio è abbastanza significativo.
Pochi giorni prima di riportarli, tornato a casa per il pranzo, ebbi la sgradita sorpresa di trovare la volieretta con lo sportello spalancato: gli uccelli scomparsi, volati via attraverso la finestra che avevo lasciato aperta per consentire il rinnovo dell'aria. Guardai fuori: i Dronghi stavano posati sulla cima di un imponente Kaki secolare che si erge maestoso a pochi metri dalla
casa. Mi ero rassegnato a perderli, invece, dopo aver svolazzato pigramente per alcune ore da un albero all'altro del giardino, verso sera, allettati da un pugno di larve di Tenebrio molitor, che avevo provveduto a mettere bene in mostra sul davanzale della finestra, si avvicinarono e uno dopo l'altro entrarono nella stanza.
Pochi minuti dopo erano sul posatoio della gabbia a scambiarsi "affettuosi" colpi di becco.


E' un articolo del Dott. Alamanno Capecchi, che è stato un nostro validissimo collaboratore e che mi ha lasciato una mole eccezionale di articoli, Ornieuropa .
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