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I Mattini di allora

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Anna
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Iscritto il: lun apr 05, 2021 2:39 pm

I Mattini di allora

Messaggio da Anna »

mattini d’allora.

I mattini d'allora... Ci traevano incantati
a vedere le robinie piegate dalla rugiada,
i giaggioli d'oro su le prode dei fossati,
le mille meraviglie della strada.

Diego Valeri.


Fu un "mattino d'allora" ,di quel lontanissimo settembre, che la vidi in mezzo al sentiero a una ventina di metri da me, la cresta di piume di poco sollevata e l'inconfondibile aspetto di upupa, tutta intenta a becchettare tra i radi cespugli.
Mi avvicinai e, "meraviglia", non si alzò in volo, ma si limitò a spostarsi sul bordo della strada, continuando a ricercare gli insetti.
Avevo in mano una scatoletta piena di larve di Tenebrio molitor , che dovevo portare a mio padre al capanno per i prispoloni.
Ne scelsi una e, lentamente per non spaventarla, la buttai a terra a pochi centimetri da lei; senza timore l'afferrò e con un rapido movimento della testa la lanciò in alto e la ingoiò.
Ripresi il cammino, dopo pochi passi mi voltai e mi accorsi che mi seguiva: sicuramente era un'upupa allevata a mano, liberata o forse fuggita a qualcuno. La tentazione di catturarla fu più forte di me. Lì vicino vi era uno di quei casotti in muratura usato dai contadini per gli utensili agricoli. Impiegando tutti i "gremignoli" , la convinsi a entrare nella piccola costruzione e riuscii a prenderla.
La livrea giovanile e le remiganti in parte usurate mi confermarono quanto avevo supposto: era un soggetto prelevato dal nido e vissuto in gabbia. Quella mattina mio padre attese inutilmente il mio arrivo e i "richiami" si dovettero accontentare del pastone fatto con farina gialla e puzzolenti "bacocci".
Appena a casa l’alloggiai in una capace voliera interna. Inizialmente, lo stress aveva fatto sentire il suo effetto, si dimostrò paurosa e per niente domestica, ma poi, pian piano, con il passare dei giorni, riacquistò fiducia. Dopo due mesi volava libera per la stanza ed accorreva al mio richiamo per prendere dalle dita gli insetti.
Pochi uccelli come l'upupa hanno stimolato la fantasia dell'Uomo. Innumerevoli sono le leggende e le dicerie sul suo conto.

Scrive lurnivel nel Bestiario:

"Quando i suoi genitori non possono più oltre vedere, né volare e che intirizziti dalla vecchiezza rimangono immobili nel nido, l'Upupa ha cura di nutrirli, toglie loro le vecchie piume, li scalda con dolcezza con le sue ali e appresta loro abbondante cibo dicendo - Cari genitori, altre volte aveste cura di noi; adesso, che non potete supplire ai vostri bisogni, non vi accorate, noi vi rendiamo servigio per sempre -"

Gli Egiziani la consideravano un portafortuna e addirittura la veneravano.

Gli Arabi ritenevano sufficiente tenere in tasca un occhio di upupa per guarire dalla lebbra; erano convinti che un pezzo di pelle sulla fronte togliesse l'emicrania e che bagnandosi le tempie con il suo sangue si facessero sogni bellissimi.

Il Valli così si esprime:

"L'Upupa è uccello segnalatissimo, e molto vago a vedere per la corona che tiene in testa, e altri belli colori; e da chi sono conosciute le sue virtù, e segreti, n'è tenuto grandissimo conto; ma da me non è mai stata fatta stima, per essere uccello privo di canto, e fetente che non si ciba d'altro, che di sterco".



L'Olina riporta:

"Eliano scrive una curiosissima osservazione, cioè che essendo stato turato con loto un fesso di un muro dove una Bubbola (Upupa) covava, tornandovi quella e trovata chiusa la via del nido, vi portò un erba la quale - accostata che ve la ebbe - il loto si disfece, restando libera la strada come prima; che se vera, non sarà impossibile il segreto d'aprir le serrature senza chiave e di romper la pietra dei corpi umani".

Per diversi mesi la "mia" upupa, alimentata con larve di Tenebrio molitor, piccoli lombrichi e pastone bilanciato, visse benissimo, sempre più domestica e "affezionata".
Poi, in aprile, quasi all'improvviso divenne irrequieta e questa sua irrequietezza aumentò con il passare dei giorni.
Ormai si muoveva in continuazione aggrappandosi alla rete della voliera o, libera nella stanza, batteva incessantemente il becco contro i vetri nel tentativo di uscire.
Mi fece pena e un "mattino d'allora" la liberai. Rimase per un attimo sul davanzale della finestra come disorientata, poi si diresse con il suo inconfondibile volo di variopinta farfalla verso il bosco vicino.


"I mattini d'allora... d'allora!" I mattini d'allora erano diversi: avevano gli anni della mia giovinezza.
Allegati
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