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Gigi
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Messaggio da Gigi »

Memorie
di Alamanno Capecchi


Loreto impagliato ed il busto d'Alfieri, di Napoleone,
i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto) ...
GUIDO GOZZANO

Nella stanza dei ricordi non ho: "il busto d'Alfieri, di Napoleone, i fiori in cornice..." ma un uccellino “impagliato" sì, anche se non è un pappagallo. Sta nella parte più alta del "banchino", una specie di rustica scrivania primi '800, fatta costruire per il bisnonno quando era bambino. È un maschio di Sturnella di Bonaparte Sturnella superciliaris (Bonaparte, 1850). Sibley e Ahlquist, però mantengono il precedente Ge¬nere Leistes e la classificano come Leistes supercilia¬ris. Il maschio, ora imbalsamato, che con i suoi occhi di vetro, incredibilmente vivi, sembra osservare sul monitor quanto scrivo, lo acquistai tanti anni fa, nel 1959, in un negozio di Livorno; faceva parte di un gruppo di uccelli dell'America del Sud, tutti bellissimi, calmi e in perfette condizioni. Bene esposti in gabbie singole allineate su uno scaffale a più piani sembravano pronti per un'importante mostra. Il rivenditore mi disse che appartene¬vano a un diplomatico straniero, appassionato ornitofilo che a malincuore era costretto a disfarsene, perché per motivi di lavoro veniva trasferito all'estero: erano lì per essere venduti. Ne avrei acquistati più di uno, ma il prezzo richiesto, per quei tempi, era veramente alto. Mi accontentai della Sturnella di Bonaparte.
Visse per due anni in voliera esterna, durante la buona stagione, e nei mesi più freddi in un comodo gabbione all'interno. Tra i tanti uccellini che ho posseduto è forse quello che mi ha lascito più ricordi e non soltanto da vivo, per il suo com¬portamento piacevole e domestico, ma anche da morto per una tragicomica avventura nella quale in un certo modo fu coinvolto.

Ma andiamo per ordine. Una sera, erano gli ultimi giorni di settembre del 1961, durante la consueta ispezione della voliera trovai la povera Sturnella, morta ai piedi di un'edera e intorno una diecina di farfalline immobili o che appena muovevano le ali. Fu facile comprendere la causa del decesso: aveva mangiato insetti avvelenati. Trasferii, subito, gli uccelli in un altro aviario protetto (erano granivori ma la prudenza non è mai troppo) e il giorno dopo la portai ad imbalsamare a Livorno.
Al ritorno pensai di fermarmi per un'oretta al mare. Indossai il costume, uno slip un po' succinto di moda a quei tempi, chiusi la macchina ed iniziai a camminare sul bagnasciuga. La spiaggia "libera" era deserta, il mare appena increspato da piccolissime onde, qua e là grosse nubi bianche e grigie si muovevano lentamente all'orizzonte. Si preparava uno di quei tramonti marini che quando li vedi in cartolina o nei quadri esposti in vendita all'angolo delle strade da un ignoto pittore pensi: "Che colori irreali, che cosa assurda"! Poi te lo ritrovi davanti, magari per pochi attimi, e allora ti dispiace di non avere a portata di mano la macchina fotografica.
Pochi giorni prima vi era stata una forte mareggiata e la battigia pullulava di una grande quantità di grosse conchiglie bianche.
Camminando mi divertivo a raccoglierle e a lanciarle nell'acqua. Tutto preso ad osservare due gabbiani che volteggiavano a pochi metri da me, a un certo punto, distrattamente, sbagliai mano ed invece delle conchiglie buttai in mare le chiavi della macchina! Così rimasi in costume su una spiaggia deserta e nell'impossibilità di recuperare i vestiti e tornare a casa. Poco distante vi erano alcune costruzioni, "Colonie marine", gestite da Enti ecclesiastici. Vidi che qualcuno ancora c'era. Pensai, avvicinandomi: "sono fortunato", ma non fu così. Da una porta, spalancata all'improvviso, una signora di mezza età, segaligna e occhialuta, gridò:” Come osa avvicinarsi con quel costume indecente"! Cercai di spiegare la mia situazione ma non ci fu niente da fare e mi cacciò via in malo modo: sembrava avesse veduto il diavolo. Ripresi a camminare lungo la spiaggia e finalmente trovai un pescatore che mi diede un paio di pantaloni, una camicia del figlio e cento lire per telefonare dal bar più vicino. Dopo circa un'ora un amico mi portò le chiavi di riserva.

Durante la cena, commentando l'accaduto, mia moglie disse: “Perché prima di venire a casa non sei andato a parlare con quella signora per presentarti e chiarire?”
-Non era il caso, risposi
-Perché?
Sorrisi, pensi che, quando dopo dieci minuti di dialogo, gridato a distanza, mi sono sentito dire dalla signora che soltanto un cretino può buttare le chiavi in ma¬re; io mi sia limitato a rispondere: “Buonasera e mi scusi per il disturbo?” Credimi non era proprio il caso.

Finito di scrivere riporto la Sturnella sul "banchino"; sta là da quarantasei anni Loreto impagliato ... (le buone cose di pes¬simo gusto). Rivedo un vecchio armadio distrutto dalla guerra pieno di antiche cose: tube, "bombette", stivali, ombrellini da sole, vestiti pieni di pizzi ... e tra queste, pellicce di volpi dai grandi occhi di vetro e cappellini ornati con fiori finti e uccellini imbalsamati ... (le buone cose di pessimo gusto). Mi viene in mente un libro di Adolfo Padovan intitolato : “Le Creature Sovrane” nel quale descrive la vita e la morte di grandi uomini del passato. Nella prima pagina riporta questa dedica: “Ai giovani che sperano, agli adulti che operano, ai vecchi che rammentano questo libro è dedicato”. Si sa nella vecchiaia i bei ricordi fanno piacere ma, a volte, immalinconiscono perché i vecchi non hanno futuro.
Per distrarmi guardo dalla finestra: al tetto è un viavai ininterrotto di Passeri, di Storni e di Balestrucci che accudiscono ai nidi. Sento lontano il vociare di bambini che giocano…


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