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IL CIUFFOLOTTO NELLE NATURE MORTE DEI SECOLI XVII E XVIII

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Gigi
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IL CIUFFOLOTTO NELLE NATURE MORTE DEI SECOLI XVII E XVIII

Messaggio da Gigi »

IL CIUFFOLOTTO NELLE NATURE MORTE DEI SECOLI XVII E XVIII
E' opinione abbastanzanza diffusa che il Cardellino e il Ciuffolotto siano, fra gli uccelli nostrani granivori, i più apprezzati dagli ornitofili. La ragione di ciò è intuibile e sostanzialmente va ricercata nella loro buona capacità di adattarsi alla vita captiva e nella loro policroma livrea.
A ben vedere, la bellezza dei due volatili ha connotazioni diverse, ma simile è l’effetto estetico realizzato dai colori e dalla loro disposizione. Pur essendo ugualmente affascinanti e pur avendo alimentato varie credenze popolari e leggende, hanno subito un diverso destino, considerazione questa che emerge dall'esame delle opere pittoriche del passato.
Al Cardellino , infatti, sono stati attribuiti significati di spiccato segno cristologico (rappresentava l’anima salvata dal gesto e dalla parola di Cristo, la passione ed anche lo stesso Redentore) ed inoltre una nota leggenda lo descrive come un generoso uccellino che, nel tentativo di togliere le spine (coperte di sangue) della corona posta sul capo di Cristo crocifisso, si ferì e si macchiò di rosso nell’area intorno al becco.
A rafforzare l’alone di positività che avvolgeva la figura del Cardellino ha per certi versi contribuito una credenza medioevale secondo la quale al volatile erano attribuite capacità diagnostiche: se lo si poneva su un lato del letto su cui giaceva un bambino malato, si riteneva che la guarigione si sarebbe verificata se l’uccello avesse guardato in direzione del giovane paziente. Inoltre, si credeva che il nostrano pennuto avesse il potere di “succhiare” gli “umori negativi” dal corpo dei bambini malati (Kondakov in Friedmann, 1946).
Dunque, il Cardellino godeva di un diffuso apprezzamento popolare che, soprattutto per i riferimenti simbolici di natura cristologica, influenzò alcune espressioni artistiche, in particolare la pittura che per buona parte s’ispirava ad argomenti devozionali. Fu così che il volatile trovò ospitalità in molte opere pittoriche realizzate soprattutto da artisti italiani, anche se il fenomeno, originatosi in Francia nel Medio Evo, coinvolse buona parte dell’Europa. Friedmann (1946) nella sua pregevole ed accurata monografia segnala di aver individuato 486 opere devozionali con la rappresentazione del Cardellino (in alcuni casi, però, l’identificazione della specie di appartenenza del volatile si rivela estremamente difficoltosa), di cui oltre 450 relative alla Vergine col Bambino. Gli artisti ai quali è attribuita la paternità delle prefate 486 pitture sarebbero 254 di cui 214 italiani. Ritengo, comunque, che il numero complessivo delle opere e degli artisti indicati sia destinato ad aumentare : una agevole verifica è possibile consultando ottimi testi sulla pittura regionale italiana nel periodo compreso fra il XV e XVII secolo, nei quali sono segnalati significativi lavori che però non vengono menzionati da Friedmann.
Pertanto, la produzione di immagini sacre, soprattutto della Vergine col Bambino, fu davvero rilevante, e fra le più significative opere italiane vanno segnalate: “Madonna col Bambino” di Carlo Crivelli (1430 circa-1511), “Madonna del cardellino” di Raffaello Sanzio ( 1483-1520), “Madonna Litta” di Leonardo da Vinci (1452-1519), “Madonna del Cardellino” di Gian Battista Tiepolo (1696-1770) et coetera.
Il Cardellino, così caratterizzato da una forte valenza simbolica, ebbe un facile accesso in molte opere che s'ispiravano al genere pittorico chiamato “natura morta”1.
A questo punto della trattazione si rende necessario un cenno di chiarimento su tale fenomeno pittorico che conobbe la sua massima affermazione nel tardo Cinquecento e nel Seicento, coinvolgendo un gran numero di artisti dell’Europa meridionale (Italia, Francia e Spagna) e settentrionale ( Germania, Olanda e Belgio). L’attribuzione di tale singolare nome avvenne tardi ( la prima segnalazione si ebbe intorno al 1650) e fu determinata dal fatto che per lo più venivano riprodotti oggetti inanimati come frutta, fiori, animali morti, alimenti vari, utensili, armi , strumenti musicali e per il fumo, ecc.
Un’altra importante caratteristica delle nature morte era una singolare ambivalenza : da un lato, riproducendo oggetti e animali con grande fedeltà mimetica, appagavano il gusto estetico; dall’altro offrivano spunti di riflessione, attraverso il linguaggio dei simboli2. Questo orientamento era sostanzialmente l’applicazione del principio oraziano del delectare et produsse , secondo il quale le opere avrebbero dovuto essere dilettevoli e nel contempo offrire un’opportunità per pensare3.
Alla luce di quanto esposto si può, dunque, comprendere come il Cardellino, con la sua rilevante portata simbolica, sia stato immortalato anche nelle nature morte.
Prima di concludere questa parte, rilevo che il Cardellino trovò ospitalità anche in alcuni ritratti dei rampolli delle alte aristocrazie europee, ma evidentemente per ben altri motivi (Mortaruolo, 2005).
Per converso allo stupendo Ciuffolotto verosimilmente non fu attribuita alcuna simbologia sia nel nostro Paese che nelle aree limitrofe. Considerazione questa che per certi versi sembra indirettamente confermata da Cattabiani (2000) il quale, nella sua opera “Volario” ( una pregevole disamina dei simboli, leggende, proverbi, opere letterarie, ecc. relativi a numerosi esponenti del mondo alato), si limita a segnalare che tale uccello avrebbe meritato un posto nella leggenda che ha reso famoso il Cardellino ed anche il Pettirosso e il Fringuello.
Si può ipotizzare che l’ “insuccesso” di questo volatile possa essere attribuito al fatto che era meno conosciuto degli ultimi due, soprattutto nelle zone dell’Europa mediterranea dove la sua presenza è più limitata e sostanzialmente circoscritta alle aree montane e di alta collina. Anche se i rigidi inverni possono spingerlo a trovare cibo nelle zone pianeggianti Un altro spunto di riflessione è suggerito dalla constatazione che in lingua tedesca il Ciuffolotto viene chiamato Gimpel, che significa sostanzialmente “sciocco”, “stupido”. Tale nome dalle connotazioni di chiaro segno negativo è stato suggerito dal comportamento poco diffidente del volatile, che tende ad non allontanarsi dalle situazioni di pericolo e, di conseguenza, ad essere facile preda dei cacciatori. Questo aspetto è stato così descritto dal Brehm (1951): <<...se si uccide con un colpo di fucile un ciuffolotto, i compagni che erano con lui in breve tornano a posarsi sull'albero medesimo su cui esso stava o su un albero vicino...>>.
Dunque, il povero Ciuffolotto sembrerebbe destinato a non raccogliere gli onori che sono stati invece tributati ad altri uccelli, anche se le sue caratteristiche morfologiche e cromatiche ne fanno un volatile di una bellezza così equilibrata e suggestiva da apparire, a mio avviso,
un' espressione vivente di arte neoclassica.
Va tuttavia evidenziato che il Ciuffolotto ha ispirato anche leggende e credenze di spiccato segno positivo, analoghe a quelle attinenti al Cardellino. Nella Stiria (Stato confederato dell'Austria), infatti, esiste una leggenda che indica nel Crociere e nel Ciuffolotto
gli uccelli che si macchiarono con il sangue di Cristo in croce (Dahnhardt in Ruelle, 1992).
Al volatile viene anche attribuito il potere di prevenire e curare alcune malattie, soprattutto l'erisipela - caratterizzata da una forma particolare di flogosi dei tegumenti che senz'altro richiamava il colore rosso esibito dal maschio di Ciuffolotto - (Ruelle, 1992).
Rivolgendo ora lo sguardo ai secoli XVII e XVIII, segnatamente alle opere pittoriche che
s’ inseriscono nell’alveo del genere chiamato “natura morta”, si nota che solo in rarissimi casi al Ciuffolotto viene attribuito un ruolo di protagonista, mentre nella stragrande maggioranza delle opere gli viene assegnata la parte di mera comparsa.
Gli artisti originari dell’Europa centro-settentrionale (Belgio, Olanda, Germania) includevano più spesso le raffigurazioni del Pyrrhula pyrrhula nelle loro scene di cacciagione o a soggetto naturalistico. E’ da ritenere che questo orientamento fosse determinato dal fatto che in tali aree l’uccello era (ed è) comune e quindi abbastanza conosciuto. Ma, molto verosimilmente, la ragione principale va ricercata nelle peculiari caratteristiche cromatiche del maschio. La livrea è infatti un sobrio ed elegante accostamento di due fondamentali colori, il nero e il grigio, ai quali si contrappone un rosso dalle tonalità gradevoli. Il positivo effetto estetico sembra poi potenziato dalla distribuzione delle cromie in aree abbastanza ben delimitate.
Queste peculiarità rendono il Ciuffolotto un personaggio, seppur con le role de comparse, interessante in seno a raffigurazioni di panoplie di cacciagione dove le tonalità sono tendenzialmente scure e dove le luci e le ombre , unitamente agli accostamenti e contrasti cromatici dei soggetti riprodotti, giocano un ruolo importante.
Forse è anche questo aspetto che ha penalizzato la scelta delle femmine (prive di rosso), la cui presenza nelle rappresentazioni pittoriche è molto esigua.
Propongo ora la prima delle opere che appunto s’intitola “Ciuffolotti”, nella quale tali uccelli monopolizzano la scena . L’autore è un fiammingo natio di Anversa 4, Joannes Hermans detto Monsù Aurora (1630 circa- si hanno notizie fino al 1665). Egli per un periodo abitò a Roma dove, per conto di Camillo Pamphilj, realizzò un quadro grande e trentotto di piccolo formato raffiguranti prevalentemente vari uccelli e ricevendo in cambio una somma di danaro non molto cospicua. Infatti, sebbene fosse un artista abbastanza apprezzato, non era esoso nelle sue richieste. Ben poco si sa della sua vita e le ultime notizie lo indicavano coinvolto in una lite all’ “Osteria del Cavalletto” avvenuta nel 1665. E’ stato poi rilevato che Johannes Hermans costituì un personaggio abbastanza singolare nell’ambiente artistico romano di allora , perché il genere pittorico da lui seguito (animalista) era poco diffuso nella capitale (AA.VV.,1989).
L’opera “I ciuffolotti”, un olio su tela, propone un mucchio di volatili morti disposti in modo da realizzare una vaga forma piramidale abbastanza ben centrata, che conferisce all’insieme un’impronta di essenzialità, di ordinato disordine (gran parte degli uccelli che formano la base dell’insieme sono posti a mò di raggiera con le teste verso l’esterno).Tutti gli esemplari ritratti sono dei maschi collocati in maniera tale da ben evidenziare la livrea rossa, caratteristica questa che riesce ad offrire suggestivi flash cromatici e, nel contempo, ad armonizzare con lo sfondo scuro, che nella parte destra si fa ancor più determinato.
Il quadro è originale e d’indubbio fascino, ma se viene guardato con gli occhi dell’ornicoltore o del mero ornitofilo, che ben conoscono la natura confidenziale ed accattivante del volatile, non si può non essere colti da una sensazione che rievoca la “strage degli innocenti”. L’atmosfera di morte è poi resa ancor più “vivida” dall’uccello in primo piano che, posto sul bordo del tavolo, ha la testa a penzoloni nel vuoto.
Si suppone ( Safarik in AA.VV.,1989) che l’artista , per realizzare i modelli dei vari uccelli raffigurati nelle sue opere, si sia ispirato a diversi quadri di Jan Fyt (1611-1661) e ad una serie di disegni di Pieter Boel ( 1622-1674), entrambi nati ad Anversa. Naturalmente, data la fonte autorevolissima, tale ipotesi va accolta con grande attenzione, però, segnatamente per il quadro “ Ciuffolotti”, sono incline a credere che Johannes Hermans lo abbia realizzato osservando direttamente i soggetti. Le varie posizioni assunte dai volatili, infatti, creano particolari disposizioni di piume e conseguenti sfumature tonali che si possono cogliere adeguatamente soltanto de visu; anche se l’autore, pur dando prova di buone capacità pittoriche, sembra non spingersi in una profonda ricerca dei particolari.
Il secondo autore che propongo è un personaggio di grande talento, nato e morto ad Anversa, il quale à juste titre viene considerato uno dei più prestigiosi interpreti di nature morte raffiguranti cacciagione e animali di allevamento. Il suo nome è Frans Snyders (1579-1657). La sua arte venne unanimemente apprezzata dai contemporanei e numerosa, ricca e socialmente potente fu la sua clientela. Inoltre, per soddisfare le numerose e pressanti richieste, fece anche ricorso all’ausilio di artisti appartenenti ad altre botteghe. Sovente si avvalse anche della collaborazione di pittori di spicco come Jan Fyt e Pieter Boel; con il grande Pieter Paul Rubens (1577-1640) realizzò vari lavori (Koslow,1995).
Le opere di Snyder si caratterizzano per la felice scelta dei colori, la sensibilità per le sfumature, per la ricchezza dei soggetti rappresentati e per la conseguente sensazione di grandezza offerta dall’impianto scenico. Magnifica anche l’attenta ricerca dei particolari, che nei volatili si esprime in una mimetica, vivida, quasi tattile rappresentazione di piume e penne. Ho anche maturato la convinzione che l’autore tenda a delegare ad oggetti ed animali rossi il compito di vivacizzare e nel contempo armonizzare gli scenari (poco luminosi). Invero, in diverse tele variamente raffigura indumenti, tovaglie, frutta, pesci ( o parti di essi), astici , uccelli ( soprattutto Ciuffolotti), le cui disposizioni solo apparentemente possono rivelarsi casuali, ma che ad un attento esame sembrano finalizzate a realizzare una sorta di geometria dei colori.
Nelle sue nature morte, molte delle quali caratterizzate dalla coesistenza di animali morti con soggetti vivi ed anche con figure umane, Snyders spesso propone uno o più maschi di Ciuffolotto fra gruppi di volatili dalla livrea tendenzialmente spenta, allo scopo di creare, come sopra rilevato, un cromatismo che esalti ed offra suggestivi accostamenti di colori.
Fra le opere in cui viene riprodotto un Ciuffolotto vivo, trovo interessante quella dal titolo “Paesaggio con rospo, lucertola e ciuffolotto”, realizzata dall'olandese Matthias Withoos (1627-1703) detto “Calzetta bianca”. Questo singolare epiteto gli venne attribuito dai conterranei che vivevano nella capitale (Bocchi e Bocchi, 2004?). Withoos infatti nel 1648, insieme a Otto Marceus van Schrieck (1619 ca. -1678), venne in Italia e vi rimase fino al 1652. Tale “migrazione” non costituiva un fenomeno isolato, in quanto nel XVII secolo gli artisti, soprattutto dell'area germanica e fiammingo-olandese, anelavano di mettersi in viaggio alla volta di Roma, considerata allora un palpitante centro internazionale di cultura ed arte (Mortaruolo, 2004).
Il quadro di Withoos, anche se esaminato sommariamente, rivela la presenza di alcuni aspetti contrastanti e sicuramente di un certo interesse. Ad un primo piano di sottobosco, tendenzialmente scuro e abbastanza circoscritto, si contrappone uno sfondo paesaggistico che acquista profondità e luminosità. Inoltre, al dinamismo dei due rettili, posti per terra e all'inizio della scena, fa riscontro l'immobilità del volatile riprodotto nell'area superiore della tela. Ma aldilà di queste peculiarità prospettiche e “dinamico-statiche” che, come già rilevato, sono di facile individuazione, ad una più attenta visione dell'opera si fa viva la sensazione che l'artista abbia proposto interessanti messaggi attraverso il linguaggio dei simboli. Così, non è occasionale la scena del rospo che, con la bocca spalancata e la lingua fuoriuscita, sembra colto mentre spicca un balzo aggressivo ai danni della vicina lucertola.
Per tentare un approccio ermeneutico è necessario evidenziare che i due rettili hanno abitudini diverse: il rospo evita la luce del giorno, mentre la lucertola si espone ai raggi solari.
Partendo poi dalla considerazione che il sole era l'emblema del Creatore, si comprende come la lucertola divenne il simbolo dell'uomo che ha fede, che è costantemente proteso verso il divino. Per converso, il rospo assunse un'accezione decisamente negativa ( il peccato, la morte e lo stesso Diavolo) per la sua riluttanza ad esporsi alla luce divina. Dunque, una scena pregna di significati moraleggianti nella quale campeggia la lotta del bene contro il male.
Spostando l'attenzione sul Ciuffolotto, si nota che è collocato su un peculiare posatoio:
un lungo ramo di edera. Anche questa immagine appare pregna di rimandi simbolici, poiché tale pianta, proprio per la sua capacità di attaccarsi saldamente alla corteccia di altri vegetali, allude alla passione di Cristo, all'immortalità dell'anima dopo la morte ed anche alla fedeltà.
Meno agevole appare invece l'interpretazione della presenza del Ciuffolotto. Ad una prima analisi il volatile, con la sua vivace e vasta superficie lipocromica, sembra deputato a dar risalto al tronco d'albero retrostante e dalla tinta decisamente scura. Se il pittore avesse fatto ricorso, in quella specifica area, a qualsiasi altro fringillide nostrano, si sarebbe indubbiamente ottenuto un appiattimento cromatico e ciò non avrebbe consentito di distinguere con adeguatezza il volatile dall'albero. Ma tali considerazioni non mi appaiono del tutto soddisfacenti, per cui sono incline a ritenere che la collocazione dell'uccello, anche in questo caso, non sia casuale. Invero, fra il Ciuffolotto e l'edera su cui poggia potrebbe esserci un' intima connessione. Come già accennato, nelle nostre leggende, tradizioni e simbologie questo uccello non è preso in considerazione, ma nelle altre aree europee, dove è più diffuso e conseguentemente più conosciuto, si è verificata una situazione diversa. L'unica segnalazione specifica, fra la letteratura consultata, la propone Friedmann ( 1946), il quale laconicamente scrive:<< The goldfinch (and certain other small birds, such as the robin ans the bullfinch) symbolizes Sacrifice and especially, the Passion>>. Dunque, non viene indicato in quale area geografica si attribuisce tale significato al Ciuffolotto, ma di certo viene offerta una interessante key interpretativa, che consente di comprendere il quadro di Withoos e, conseguentemente, di tracciare una connessione simbolica fra il volatile e la pianta.
Dopo aver proposto una brevissima carrellata di quadri realizzati con olio5 su tela da pittori fiamminghi, concludo con una tempera su pergamena made in Italy nella quale vi è l’effigie di un Ciuffolotto . L’autore non è stato identificato esattamente, ma gli studiosi sono inclini a ritenere che possa trattarsi dell’architetto e pittore ascolano Pier Sante Cicala ( 1644-1717), che ai suoi tempi godeva di un certo apprezzamento e fama. Tale orientamento è stato suggerito anche dal fatto che Cicala era pressoché l’unico degli artisti locali che si mostrava particolarmente interessato al genere naturalistico (AA.VV.,1989).
L’opera è conservata presso la Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno insieme ad altre sei
tempere su pergamena e tre acquerelli su carta, tutti attribuiti al Cicala. Le dieci tavole si caratterizzano per il fatto che ciascuna propone l’effigie di un uccello ( nelle pergamene:
un’Upupa, un Merlo, un Tordo –due copie molto simili -, un Frosone, un Ciuffolotto e un Cardellino; negli acquerelli: un Merlo, uno Scricciolo e un Cardellino), peraltro visto di profilo (l’unica eccezione è costituita dall’ornitografia che riproduce lo Scricciolo). Inoltre, i volatili sono posti sopra a un ramo e, nella quasi totalità, assumono posizioni statiche ed innaturali ( queste ultime caratteristiche hanno indotto gli studiosi a ritenere che tali illustrazioni siano state realizzate per prevalenti esigenze documentarie).
L’acquerello del CiuffolIL CIUFFOLOTTO NELLE NATURE MORTE DEI SECOLI XVII E XVIII
E' opinione abbastanzanza diffusa che il Cardellino e il Ciuffolotto siano, fra gli uccelli nostrani granivori, i più apprezzati dagli ornitofili. La ragione di ciò è intuibile e sostanzialmente va ricercata nella loro buona capacità di adattarsi alla vita captiva e nella loro policroma livrea.
A ben vedere, la bellezza dei due volatili ha connotazioni diverse, ma simile è l’effetto estetico realizzato dai colori e dalla loro disposizione. Pur essendo ugualmente affascinanti e pur avendo alimentato varie credenze popolari e leggende, hanno subito un diverso destino, considerazione questa che emerge dall'esame delle opere pittoriche del passato.
Al Cardellino , infatti, sono stati attribuiti significati di spiccato segno cristologico (rappresentava l’anima salvata dal gesto e dalla parola di Cristo, la passione ed anche lo stesso Redentore) ed inoltre una nota leggenda lo descrive come un generoso uccellino che, nel tentativo di togliere le spine (coperte di sangue) della corona posta sul capo di Cristo crocifisso, si ferì e si macchiò di rosso nell’area intorno al becco.
A rafforzare l’alone di positività che avvolgeva la figura del Cardellino ha per certi versi contribuito una credenza medioevale secondo la quale al volatile erano attribuite capacità diagnostiche: se lo si poneva su un lato del letto su cui giaceva un bambino malato, si riteneva che la guarigione si sarebbe verificata se l’uccello avesse guardato in direzione del giovane paziente. Inoltre, si credeva che il nostrano pennuto avesse il potere di “succhiare” gli “umori negativi” dal corpo dei bambini malati (Kondakov in Friedmann, 1946).
Dunque, il Cardellino godeva di un diffuso apprezzamento popolare che, soprattutto per i riferimenti simbolici di natura cristologica, influenzò alcune espressioni artistiche, in particolare la pittura che per buona parte s’ispirava ad argomenti devozionali. Fu così che il volatile trovò ospitalità in molte opere pittoriche realizzate soprattutto da artisti italiani, anche se il fenomeno, originatosi in Francia nel Medio Evo, coinvolse buona parte dell’Europa. Friedmann (1946) nella sua pregevole ed accurata monografia segnala di aver individuato 486 opere devozionali con la rappresentazione del Cardellino (in alcuni casi, però, l’identificazione della specie di appartenenza del volatile si rivela estremamente difficoltosa), di cui oltre 450 relative alla Vergine col Bambino. Gli artisti ai quali è attribuita la paternità delle prefate 486 pitture sarebbero 254 di cui 214 italiani. Ritengo, comunque, che il numero complessivo delle opere e degli artisti indicati sia destinato ad aumentare : una agevole verifica è possibile consultando ottimi testi sulla pittura regionale italiana nel periodo compreso fra il XV e XVII secolo, nei quali sono segnalati significativi lavori che però non vengono menzionati da Friedmann.
Pertanto, la produzione di immagini sacre, soprattutto della Vergine col Bambino, fu davvero rilevante, e fra le più significative opere italiane vanno segnalate: “Madonna col Bambino” di Carlo Crivelli (1430 circa-1511), “Madonna del cardellino” di Raffaello Sanzio ( 1483-1520), “Madonna Litta” di Leonardo da Vinci (1452-1519), “Madonna del Cardellino” di Gian Battista Tiepolo (1696-1770) et coetera.
Il Cardellino, così caratterizzato da una forte valenza simbolica, ebbe un facile accesso in molte opere che s'ispiravano al genere pittorico chiamato “natura morta”1.
A questo punto della trattazione si rende necessario un cenno di chiarimento su tale fenomeno pittorico che conobbe la sua massima affermazione nel tardo Cinquecento e nel Seicento, coinvolgendo un gran numero di artisti dell’Europa meridionale (Italia, Francia e Spagna) e settentrionale ( Germania, Olanda e Belgio). L’attribuzione di tale singolare nome avvenne tardi ( la prima segnalazione si ebbe intorno al 1650) e fu determinata dal fatto che per lo più venivano riprodotti oggetti inanimati come frutta, fiori, animali morti, alimenti vari, utensili, armi , strumenti musicali e per il fumo, ecc.
Un’altra importante caratteristica delle nature morte era una singolare ambivalenza : da un lato, riproducendo oggetti e animali con grande fedeltà mimetica, appagavano il gusto estetico; dall’altro offrivano spunti di riflessione, attraverso il linguaggio dei simboli2. Questo orientamento era sostanzialmente l’applicazione del principio oraziano del delectare et produsse , secondo il quale le opere avrebbero dovuto essere dilettevoli e nel contempo offrire un’opportunità per pensare3.
Alla luce di quanto esposto si può, dunque, comprendere come il Cardellino, con la sua rilevante portata simbolica, sia stato immortalato anche nelle nature morte.
Prima di concludere questa parte, rilevo che il Cardellino trovò ospitalità anche in alcuni ritratti dei rampolli delle alte aristocrazie europee, ma evidentemente per ben altri motivi (Mortaruolo, 2005).
Per converso allo stupendo Ciuffolotto verosimilmente non fu attribuita alcuna simbologia sia nel nostro Paese che nelle aree limitrofe. Considerazione questa che per certi versi sembra indirettamente confermata da Cattabiani (2000) il quale, nella sua opera “Volario” ( una pregevole disamina dei simboli, leggende, proverbi, opere letterarie, ecc. relativi a numerosi esponenti del mondo alato), si limita a segnalare che tale uccello avrebbe meritato un posto nella leggenda che ha reso famoso il Cardellino ed anche il Pettirosso e il Fringuello.
Si può ipotizzare che l’ “insuccesso” di questo volatile possa essere attribuito al fatto che era meno conosciuto degli ultimi due, soprattutto nelle zone dell’Europa mediterranea dove la sua presenza è più limitata e sostanzialmente circoscritta alle aree montane e di alta collina. Anche se i rigidi inverni possono spingerlo a trovare cibo nelle zone pianeggianti Un altro spunto di riflessione è suggerito dalla constatazione che in lingua tedesca il Ciuffolotto viene chiamato Gimpel, che significa sostanzialmente “sciocco”, “stupido”. Tale nome dalle connotazioni di chiaro segno negativo è stato suggerito dal comportamento poco diffidente del volatile, che tende ad non allontanarsi dalle situazioni di pericolo e, di conseguenza, ad essere facile preda dei cacciatori. Questo aspetto è stato così descritto dal Brehm (1951): <<...se si uccide con un colpo di fucile un ciuffolotto, i compagni che erano con lui in breve tornano a posarsi sull'albero medesimo su cui esso stava o su un albero vicino...>>.
Dunque, il povero Ciuffolotto sembrerebbe destinato a non raccogliere gli onori che sono stati invece tributati ad altri uccelli, anche se le sue caratteristiche morfologiche e cromatiche ne fanno un volatile di una bellezza così equilibrata e suggestiva da apparire, a mio avviso,
un' espressione vivente di arte neoclassica.
Va tuttavia evidenziato che il Ciuffolotto ha ispirato anche leggende e credenze di spiccato segno positivo, analoghe a quelle attinenti al Cardellino. Nella Stiria (Stato confederato dell'Austria), infatti, esiste una leggenda che indica nel Crociere e nel Ciuffolotto
gli uccelli che si macchiarono con il sangue di Cristo in croce (Dahnhardt in Ruelle, 1992).
Al volatile viene anche attribuito il potere di prevenire e curare alcune malattie, soprattutto l'erisipela - caratterizzata da una forma particolare di flogosi dei tegumenti che senz'altro richiamava il colore rosso esibito dal maschio di Ciuffolotto - (Ruelle, 1992).
Rivolgendo ora lo sguardo ai secoli XVII e XVIII, segnatamente alle opere pittoriche che
s’ inseriscono nell’alveo del genere chiamato “natura morta”, si nota che solo in rarissimi casi al Ciuffolotto viene attribuito un ruolo di protagonista, mentre nella stragrande maggioranza delle opere gli viene assegnata la parte di mera comparsa.
Gli artisti originari dell’Europa centro-settentrionale (Belgio, Olanda, Germania) includevano più spesso le raffigurazioni del Pyrrhula pyrrhula nelle loro scene di cacciagione o a soggetto naturalistico. E’ da ritenere che questo orientamento fosse determinato dal fatto che in tali aree l’uccello era (ed è) comune e quindi abbastanza conosciuto. Ma, molto verosimilmente, la ragione principale va ricercata nelle peculiari caratteristiche cromatiche del maschio. La livrea è infatti un sobrio ed elegante accostamento di due fondamentali colori, il nero e il grigio, ai quali si contrappone un rosso dalle tonalità gradevoli. Il positivo effetto estetico sembra poi potenziato dalla distribuzione delle cromie in aree abbastanza ben delimitate.
Queste peculiarità rendono il Ciuffolotto un personaggio, seppur con le role de comparse, interessante in seno a raffigurazioni di panoplie di cacciagione dove le tonalità sono tendenzialmente scure e dove le luci e le ombre , unitamente agli accostamenti e contrasti cromatici dei soggetti riprodotti, giocano un ruolo importante.
Forse è anche questo aspetto che ha penalizzato la scelta delle femmine (prive di rosso), la cui presenza nelle rappresentazioni pittoriche è molto esigua.
Propongo ora la prima delle opere che appunto s’intitola “Ciuffolotti”, nella quale tali uccelli monopolizzano la scena . L’autore è un fiammingo natio di Anversa 4, Joannes Hermans detto Monsù Aurora (1630 circa- si hanno notizie fino al 1665). Egli per un periodo abitò a Roma dove, per conto di Camillo Pamphilj, realizzò un quadro grande e trentotto di piccolo formato raffiguranti prevalentemente vari uccelli e ricevendo in cambio una somma di danaro non molto cospicua. Infatti, sebbene fosse un artista abbastanza apprezzato, non era esoso nelle sue richieste. Ben poco si sa della sua vita e le ultime notizie lo indicavano coinvolto in una lite all’ “Osteria del Cavalletto” avvenuta nel 1665. E’ stato poi rilevato che Johannes Hermans costituì un personaggio abbastanza singolare nell’ambiente artistico romano di allora , perché il genere pittorico da lui seguito (animalista) era poco diffuso nella capitale (AA.VV.,1989).
L’opera “I ciuffolotti”, un olio su tela, propone un mucchio di volatili morti disposti in modo da realizzare una vaga forma piramidale abbastanza ben centrata, che conferisce all’insieme un’impronta di essenzialità, di ordinato disordine (gran parte degli uccelli che formano la base dell’insieme sono posti a mò di raggiera con le teste verso l’esterno).Tutti gli esemplari ritratti sono dei maschi collocati in maniera tale da ben evidenziare la livrea rossa, caratteristica questa che riesce ad offrire suggestivi flash cromatici e, nel contempo, ad armonizzare con lo sfondo scuro, che nella parte destra si fa ancor più determinato.
Il quadro è originale e d’indubbio fascino, ma se viene guardato con gli occhi dell’ornicoltore o del mero ornitofilo, che ben conoscono la natura confidenziale ed accattivante del volatile, non si può non essere colti da una sensazione che rievoca la “strage degli innocenti”. L’atmosfera di morte è poi resa ancor più “vivida” dall’uccello in primo piano che, posto sul bordo del tavolo, ha la testa a penzoloni nel vuoto.
Si suppone ( Safarik in AA.VV.,1989) che l’artista , per realizzare i modelli dei vari uccelli raffigurati nelle sue opere, si sia ispirato a diversi quadri di Jan Fyt (1611-1661) e ad una serie di disegni di Pieter Boel ( 1622-1674), entrambi nati ad Anversa. Naturalmente, data la fonte autorevolissima, tale ipotesi va accolta con grande attenzione, però, segnatamente per il quadro “ Ciuffolotti”, sono incline a credere che Johannes Hermans lo abbia realizzato osservando direttamente i soggetti. Le varie posizioni assunte dai volatili, infatti, creano particolari disposizioni di piume e conseguenti sfumature tonali che si possono cogliere adeguatamente soltanto de visu; anche se l’autore, pur dando prova di buone capacità pittoriche, sembra non spingersi in una profonda ricerca dei particolari.
Il secondo autore che propongo è un personaggio di grande talento, nato e morto ad Anversa, il quale à juste titre viene considerato uno dei più prestigiosi interpreti di nature morte raffiguranti cacciagione e animali di allevamento. Il suo nome è Frans Snyders (1579-1657). La sua arte venne unanimemente apprezzata dai contemporanei e numerosa, ricca e socialmente potente fu la sua clientela. Inoltre, per soddisfare le numerose e pressanti richieste, fece anche ricorso all’ausilio di artisti appartenenti ad altre botteghe. Sovente si avvalse anche della collaborazione di pittori di spicco come Jan Fyt e Pieter Boel; con il grande Pieter Paul Rubens (1577-1640) realizzò vari lavori (Koslow,1995).
Le opere di Snyder si caratterizzano per la felice scelta dei colori, la sensibilità per le sfumature, per la ricchezza dei soggetti rappresentati e per la conseguente sensazione di grandezza offerta dall’impianto scenico. Magnifica anche l’attenta ricerca dei particolari, che nei volatili si esprime in una mimetica, vivida, quasi tattile rappresentazione di piume e penne. Ho anche maturato la convinzione che l’autore tenda a delegare ad oggetti ed animali rossi il compito di vivacizzare e nel contempo armonizzare gli scenari (poco luminosi). Invero, in diverse tele variamente raffigura indumenti, tovaglie, frutta, pesci ( o parti di essi), astici , uccelli ( soprattutto Ciuffolotti), le cui disposizioni solo apparentemente possono rivelarsi casuali, ma che ad un attento esame sembrano finalizzate a realizzare una sorta di geometria dei colori.
Nelle sue nature morte, molte delle quali caratterizzate dalla coesistenza di animali morti con soggetti vivi ed anche con figure umane, Snyders spesso propone uno o più maschi di Ciuffolotto fra gruppi di volatili dalla livrea tendenzialmente spenta, allo scopo di creare, come sopra rilevato, un cromatismo che esalti ed offra suggestivi accostamenti di colori.
Fra le opere in cui viene riprodotto un Ciuffolotto vivo, trovo interessante quella dal titolo “Paesaggio con rospo, lucertola e ciuffolotto”, realizzata dall'olandese Matthias Withoos (1627-1703) detto “Calzetta bianca”. Questo singolare epiteto gli venne attribuito dai conterranei che vivevano nella capitale (Bocchi e Bocchi, 2004?). Withoos infatti nel 1648, insieme a Otto Marceus van Schrieck (1619 ca. -1678), venne in Italia e vi rimase fino al 1652. Tale “migrazione” non costituiva un fenomeno isolato, in quanto nel XVII secolo gli artisti, soprattutto dell'area germanica e fiammingo-olandese, anelavano di mettersi in viaggio alla volta di Roma, considerata allora un palpitante centro internazionale di cultura ed arte (Mortaruolo, 2004).
Il quadro di Withoos, anche se esaminato sommariamente, rivela la presenza di alcuni aspetti contrastanti e sicuramente di un certo interesse. Ad un primo piano di sottobosco, tendenzialmente scuro e abbastanza circoscritto, si contrappone uno sfondo paesaggistico che acquista profondità e luminosità. Inoltre, al dinamismo dei due rettili, posti per terra e all'inizio della scena, fa riscontro l'immobilità del volatile riprodotto nell'area superiore della tela. Ma aldilà di queste peculiarità prospettiche e “dinamico-statiche” che, come già rilevato, sono di facile individuazione, ad una più attenta visione dell'opera si fa viva la sensazione che l'artista abbia proposto interessanti messaggi attraverso il linguaggio dei simboli. Così, non è occasionale la scena del rospo che, con la bocca spalancata e la lingua fuoriuscita, sembra colto mentre spicca un balzo aggressivo ai danni della vicina lucertola.
Per tentare un approccio ermeneutico è necessario evidenziare che i due rettili hanno abitudini diverse: il rospo evita la luce del giorno, mentre la lucertola si espone ai raggi solari.
Partendo poi dalla considerazione che il sole era l'emblema del Creatore, si comprende come la lucertola divenne il simbolo dell'uomo che ha fede, che è costantemente proteso verso il divino. Per converso, il rospo assunse un'accezione decisamente negativa ( il peccato, la morte e lo stesso Diavolo) per la sua riluttanza ad esporsi alla luce divina. Dunque, una scena pregna di significati moraleggianti nella quale campeggia la lotta del bene contro il male.
Spostando l'attenzione sul Ciuffolotto, si nota che è collocato su un peculiare posatoio:
un lungo ramo di edera. Anche questa immagine appare pregna di rimandi simbolici, poiché tale pianta, proprio per la sua capacità di attaccarsi saldamente alla corteccia di altri vegetali, allude alla passione di Cristo, all'immortalità dell'anima dopo la morte ed anche alla fedeltà.
Meno agevole appare invece l'interpretazione della presenza del Ciuffolotto. Ad una prima analisi il volatile, con la sua vivace e vasta superficie lipocromica, sembra deputato a dar risalto al tronco d'albero retrostante e dalla tinta decisamente scura. Se il pittore avesse fatto ricorso, in quella specifica area, a qualsiasi altro fringillide nostrano, si sarebbe indubbiamente ottenuto un appiattimento cromatico e ciò non avrebbe consentito di distinguere con adeguatezza il volatile dall'albero. Ma tali considerazioni non mi appaiono del tutto soddisfacenti, per cui sono incline a ritenere che la collocazione dell'uccello, anche in questo caso, non sia casuale. Invero, fra il Ciuffolotto e l'edera su cui poggia potrebbe esserci un' intima connessione. Come già accennato, nelle nostre leggende, tradizioni e simbologie questo uccello non è preso in considerazione, ma nelle altre aree europee, dove è più diffuso e conseguentemente più conosciuto, si è verificata una situazione diversa. L'unica segnalazione specifica, fra la letteratura consultata, la propone Friedmann ( 1946), il quale laconicamente scrive:<< The goldfinch (and certain other small birds, such as the robin ans the bullfinch) symbolizes Sacrifice and especially, the Passion>>. Dunque, non viene indicato in quale area geografica si attribuisce tale significato al Ciuffolotto, ma di certo viene offerta una interessante key interpretativa, che consente di comprendere il quadro di Withoos e, conseguentemente, di tracciare una connessione simbolica fra il volatile e la pianta.
Dopo aver proposto una brevissima carrellata di quadri realizzati con olio5 su tela da pittori fiamminghi, concludo con una tempera su pergamena made in Italy nella quale vi è l’effigie di un Ciuffolotto . L’autore non è stato identificato esattamente, ma gli studiosi sono inclini a ritenere che possa trattarsi dell’architetto e pittore ascolano Pier Sante Cicala ( 1644-1717), che ai suoi tempi godeva di un certo apprezzamento e fama. Tale orientamento è stato suggerito anche dal fatto che Cicala era pressoché l’unico degli artisti locali che si mostrava particolarmente interessato al genere naturalistico (AA.VV.,1989).
L’opera è conservata presso la Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno insieme ad altre sei
tempere su pergamena e tre acquerelli su carta, tutti attribuiti al Cicala. Le dieci tavole si caratterizzano per il fatto che ciascuna propone l’effigie di un uccello ( nelle pergamene:
un’Upupa, un Merlo, un Tordo –due copie molto simili -, un Frosone, un Ciuffolotto e un Cardellino; negli acquerelli: un Merlo, uno Scricciolo e un Cardellino), peraltro visto di profilo (l’unica eccezione è costituita dall’ornitografia che riproduce lo Scricciolo). Inoltre, i volatili sono posti sopra a un ramo e, nella quasi totalità, assumono posizioni statiche ed innaturali ( queste ultime caratteristiche hanno indotto gli studiosi a ritenere che tali illustrazioni siano state realizzate per prevalenti esigenze documentarie).
L’acquerello del Ciuffolotto presenta delle peculiarità che lo fanno apparire di un certo interesse: sebbene la forma corporea risenta di una stilizzazione, i colorismi della livrea sono molto verosimili; alla postura, che si rivela un po’ “forzata”, viene tuttavia conferito un singolare “effetto realistico” cogliendo l'uccello mentre osserva incuriosito un bruco sottostante. Anche lo sfondo della tavola, costituito da un ramo di quercia con varie foglie e ghiande, appare ben curato nei particolari. Anzi, a ben vedere, si ha la sensazione che l’elemento vegetale, per la sua relativa complessità, per la sua collocazione prospettica (dal primo piano fino al termine della scena) ed anche per alcuni tratti di scuro cromatismo, s‘ imponga all’osservatore quanto il Ciuffolotto che, per converso, dovrebbe essere il protagonista. Questa caratteristica non si riscontra però nei suddetti dipinti dell’autore, che, proponendo rami il cui fogliame appare in secondo piano (in tre opere è invece mancante) e spesso realizzato con una certa approssimazione, ben evidenziano la centralità del soggetto ornitologico.
Questa nota sul Ciuffolotto nelle nature morte ab origine doveva essere più ricca d’ informazioni e di opere pittoriche, ma ragioni di equilibrio fra i vari capitoli di questo libro hanno imposto di realizzare una trattazione più contenuta. Naturalmente, ho cercato di proporre gli aspetti più salienti di questo affascinante argomento che, da quanto mi risulta, non è mai stato affrontato. Sarebbe quindi auspicabile che in futuro il tema venisse ripreso e sviluppato.
I. MORTARUOLO

NOTE
1 Ho maturato la convinzione che la spiccata valenza cristologica del Cardellino si esprimeva nelle nature morte attraverso la raffigurazione di soggetti vivi, mentre a quelli morti era riservato il mero ruolo di comparsa ( Mortaruolo, 1979).
2 Nel Settecento vi è però la tendenza a trascurare i sottili rimandi simbolici per privilegiare l’attenzione su una maggiore resa pittorica.
3 Il principio dell’ “utile e dilettevole” veniva applicato, soprattutto nel Cinquecento, anche ai libri naturalistici i quali, oltre a fornire informazioni di carattere scientifico, proponevano notizie non strettamente pertinenti agli argomenti, ma erano in grado di stimolare la curiosità dei lettori. Una significativa testimonianza del fenomeno è fornita dall’opera Ornithologiae… di Ulisse Aldrovandi, nella quale sono proposte anche informazioni di carattere araldico, gastronomico, etimologico, ecc. (Olmi, 1976; Mortaruolo,1996).
4 Nel corso di questa trattazione avrò modo di segnalare altri artisti nati ad Anversa, città che nei secoli XVI e XVII ( solo nella prima metà, perché successivamente iniziò un lento declino economico) era fra le più ricche d’Europa e si caratterizzava anche per una grande sensibilità culturale, favorendo cosi la formazione e l’affermazione di numerosi pittori . Fra questi primeggia Pieter Paul Rubens (1577-1640), che disponeva di una bottega dove operavano oltre cento collaboratori, alcuni dei quali di rilevante statura artistica : per esempio, Jan Brueghel “il Vecchio” anche detto “dei Velluti” (Zuffi,1999).
5 I pittori fiamminghi furono i primi ad utilizzare l’olio come legante dei colori. Precedentemente s‘impiegavano i colori a tempera, che però offrivano un minor effetto cromatico e tonale (Zuffi,1999).

BIBLIOGRAFIA
AA.VV. (1989) - La natura morta in Italia, Ed. Elemond, Milano.
Bocchi G. e U. (2004?) - Pittori di natura morta a Roma, Editrice Arti Grafiche Castello, Viadana.
Brehm A.E. (1951) -Nel regno degli animali (vol. I), Ed. A. Mondadori, Milano.
Cattabiani A. (2000) – Volario. Arnoldo Mondadori Editore, Milano.
Friedmann H.(1945) - The Symbolic Goldfinch, Bollinger Foundation, Washington.
Koslow s. (1995) – Frans Snyders, Fonds Mercator Paribas, Anversa.
Mortaruolo I. (1979) - Ornitologia ed Arte, L’Atomo, n. 10, p. 16.
Mortaruolo I. (1996) - Ulisse Aldrovandi, Italia Ornitologica, n. 6, pp. 28-30.
Mortaruolo I. (2005) - Il Cardellino nella pittura in Esuperanzi R., “Carduelis carduelis” conoscere il Cardellino, Edizioni FOI, Piacenza, pp. 15-25.
Olmi G. (1976) - Ulisse Aldrovandi- Scienza e natura nel secolo cinquecento, Libreria Università degli Studi di Trento, Trento.
Ruelle M. (1992) – Le Bouvreuil et autres especes affines du genre “Pyrrhula”, Féderation Ornithologique Wallonne, Belgio.
Zuffi S. ( 1999) - La Natura Morta, Electa, Milano.

QUESTA NOTA COSTITUIVA UN CAPITOLO DEL LIBRO DAL TITOLO "IL CIUFFOLOTTO E LE SUE SPECIE AFFINI", SCRITTO DALL'ORNITOLOGO E ORNICOLTORE DANIELE SCARPA, PUBBLICATO NEL 2010 DA ACHERDO ED.

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Gigi
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Re: IL CIUFFOLOTTO NELLE NATURE MORTE DEI SECOLI XVII E XVIII

Messaggio da Gigi »

QUALCHE CONSIDERAZIONE SU UN’OPERA A SOGGETTO ORNITOLOGICO REALIZZATA DAL PITTORE JOHANNES HERMANS, DETTO MONSU’ AURORA.

Questo olio su tela ( cm 58,5 x 74) è attualmente conservato a Roma presso il Museo Doria Panphilj. L’opera riproduce un peculiare gruppo di ciuffolotti ed è inquadrabile nel genere pittorico chiamato “natura morta”, che conobbe la sua autonomia e sviluppo nel tardo Cinquecento e nel Seicento, variegandosi in numerosi sottogeneri come, per citare qualche esempio, le raffigurazioni di animali, fiori, frutta, tavole imbandite, strumenti musicali.
Di Johannes Hermans, l’autore del dipinto, esistono poche, frammentarie e, non di rado, incerte informazioni: viene ipotizzato che sia nato ad Anversa nel 1630 e di lui si hanno notizie fino al 1665.
Similmente a un gran numero di artisti europei,Hermans sentì il desiderio di venire in Italia e di stabilirsi per un periodo di tempo a Roma, allora considerata un centro palpitante di cultura, un crogiolo di idee e di scambi di esperienze ( tale ruolo propulsivo venne svolto dalla città di Parigi a cavallo fra il XIX e il XX secolo e, in tempi recenti, da New York e Berlino). E’ nell’Urbe che, fra novembre 1656 e aprile 1658, fu al servizio di Don Camillo Pamphilj Senior (1622-1666), realizzando trentanove quadri ( uno soltanto di grandi dimensioni ) e riproducendo quasi esclusivamente uccelli, fra cui la tela in esame.
L’attribuzione di tali opere al nostro artista è stata confermata grazie alla presenza del monogramma “J.H.F.” ( Johannes Hermans Fecit) su un dipinto. Ai nostri giorni può apparire strano, ma allora molti pittori spesso non apponevano la firma ai propri lavori, rendendone così, nel corso dei secoli, difficoltosa l’attribuzione della paternità.
Dalla documentazione rinvenuta è altresì emerso che Hermans percepì due scudi per ogni quadro piccolo, confermando la consuetudine, esistente a quei tempi, secondo la quale i cosiddetti naturamortisti dovevano accontentarsi di compensi modesti. Fra le pochissime eccezioni vi era il grande Jan Bruegel (1568 – 1625), detto anche “il Vecchio” o “dei Velluti”, che per le sue composizioni floreali si faceva pagare “profumatamente”.
Come anticipato nel titolo di questa nota, Hermans veniva chiamato Monsù Aurora, ma non si hanno notizie sul perché di tale soprannome, sta di fatto che la parola “monsù” costituisce un adattamento dialettale del francese monsieur (signore), che veniva attribuito ai cuochi d’oltre Alpe, ma era anche utilizzato per gli artisti stranieri operanti in Italia ( fra i pittori di nature morte del Seicento vi era, per citare qualche esempio, anche Nicasius Bernaerts detto Monsù Nicasio, Willem van Aelst detto Monsù Vanast e Nicolas Baudesson detto Monsù Botteson o Badasson).
Prima di addentrarci nell’esame specifico dell’opera, può risultare utile evidenziare che i ciuffolotti non frequentemente trovarono ospitalità nelle nature morte, mentre ai cardellini veniva riservata più attenzione, forse perché a loro era stata attribuita una spiccata e diffusa simbologia cristologica ( rappresentavano l’anima salvata dal gesto e dalla parola di Cristo, la passione e anche lo stesso Redentore). Inoltre, i ciuffolotti comparivano più spesso nelle opere degli artisti dell’Europa settentrionale ( Germania, Belgio e Olanda) rispetto ai dipinti dell’area meridionale ( Italia, Francia e Spagna), però mai come protagonisti, bensì inseriti nei contesti pittorici con funzioni integrative, anche dal punto di vista cromatico: detto altrimenti, il rosso piumaggio dei maschi conferiva delle significative accensioni di colore in contesti pittorici tendenzialmente scuri come quelli proposti dagli autori fiamminghi o di orientamento fiammingo. Un chiaro esempio ce lo fornisce un artista di grande talento nato ad Anversa, Frans Snyder (1579-1657), che, nelle sue elaborate composizioni sceniche, sembra delegare a vari oggetti rossi ( tovaglie, frutta, astici, uccelli-in prevalenza ciuffolotti- ecc.) il compito di vivacizzare l’insieme, creando così una sorta di geometria di tale cromia ( v. foto).
Monsù Aurora ci propone invece un quadro in cui tali volatili sono i protagonisti assoluti e, per marcarne la centralità, rende lo sfondo e il piano di appoggio pressoché uniformi e monocromi, creando così un’ immagine ornitica che appare sospesa, una sorta di isola di morte pregna di rimandi simbolici. Il basamento è infatti appena accennato e costituito da una struttura in mattoni con sopra una spessa tavola di legno. Nella parte sinistra dello sfondo filtra una fioca sorgente luminosa che rischiara la parete, la quale però a circa metà quadro si scurisce, verosimilmente per la presenza di un angolo. L’artista fa intravedere tali elementi, ma nel contempo sembra celarli proponendo un’unica base cromatica arricchita da sapienti passaggi tonali, creando così un tutto omogeneo che fa da cornice alla scena.
I ciuffolotti, disposti a raggiera, con i loro corpi formano una vaga immagine piramidale. Gli esemplari raffigurati sono tutti maschi e, per ben evidenziare il rosso della parte anteriore, sono collocati supinamente. Ne scaturisce un’esaltazione cromatica potenziata dal biancastro di altre aree del piumaggio che, con il grigio e il nero del becco e della restante livrea, crea un vivido contrasto che però non sembra mitigare l’atmosfera macabra della rappresentazione. A potenziare il senso di morte contribuisce poi un ciuffolotto che giace sul bordo del basamento con la testa penzoloni.
E’ indubbiamente una pittura interessante e a suo modo di pregio, la quale però, a ben vedere, dà l’impressione che all’autore sia mancato un deciso intento descrittivo, in quanto, come abbiamo già evidenziato in una precedente nota, “sembra non spingersi in una profonda ricerca dei particolari”.
Per converso, in altre opere, Monsù Aurora da prova di saper realizzare raffigurazioni con un’ottima capacità mimetica, addentrandosi con successo nella ricerca dei particolari e impegnandosi anche nella realizzazione di dipinti ispirati ad altri gruppi tematici. Infatti, sebbene acquisì una certa notorietà come pittore di animali e di scene di caccia, realizzò paesaggi ed elaborate panoplie dove convivono frutta, fiori, oggetti vari, animali e figure umane ( un esempio è costituito dal dipinto “Fanciullo in atto di rubare un candito e natura morta con oggetti preziosi”, anch’esso custodito presso la Galleria Doria Pamphilj di Roma, v. foto).
Un’ulteriore testimonianza della stima di cui godeva il nostro sembra offerta anche da un documento della seconda metà del Settecento, nel quale si evidenziava che, in una sala del palazzo Pamphilj al Corso, erano collocati cinquantasette quadri di uccelli, parte dei quali verosimilmente realizzati dall’artista su ulteriore richiesta del raffinato Don Camillo Pamphilj o di un suo discendente.
Questa importante raccolta di quadri in vario modo con soggetto naturalistico-ornitologico, come ben evidenzia Safarik in una sua interessantissima nota, fa ritenere che sia stata creata prevalentemente per scopi decorativi e forse anche didattici, sotto la spinta di una gran passione per l’attività venatoria e naturalmente per l’arte.
Tuttavia, nell’opera “ I ciuffolotti”, pur essendo concepita per un preordinato progetto arredativo
o divulgativo, l’autore sembra abbandonarsi ad un maggior impulso emotivo, dando così spazio a una realtà meno descrittiva ma più densa di contenuti: ne consegue un’atmosfera di gelo complessivo, una sensazione d’impotenza e, guardando con gli occhi di un ornitofilo di oggi,un’irreversibile perdita di creature gioiose ed eleganti.
Chi ha avuto la fortuna di allevare questi uccelli conosce il fascino che sanno esercitare. Non a caso un illustre ornitologo, Konrad Lorenz ( nel libro “L’anello di re Salomone”), così scriveva:”Non immaginate neppure quale senso di calore e di intimità si sprigiona da una grossa gabbia che alberghi una coppia di ciuffolotti felicemente assortita. Il canto sommesso, un po' pettegolo eppure distensivo, e il suo modo dignitoso e misurato così perfettamente corretto, di far la corte alla mogliettina, l’attenzione costante di cui la circonda, sono tra le cose più graziose che ci possa offrire una gabbia di uccelli”.

BIBLIOGRAFIA
1) De Marchi A.(2004?), Johannes Hermans detto Monsù Aurora, in Pittori di Natura Morta a Roma di Bocci G. e U., Ed. Arti Grafiche Castello, Viadana, pp. 67-68.

2) Mortaruolo I. (2005) - Il Cardellino nella pittura, in “Carduelis carduelis” conoscere il Cardellino, Edizioni FOI, Piacenza, pp. 15-25.

3) Mortartuolo I.(2010), Il ciuffolotto nelle nature morte dei secoli XVII e XVIII, in Il Ciuffolotto e le specie affini di Scarpa D., Ed Acherdo, Calcinato, pp. 19-28.

4) Safarik E. (1984), Chi è “Monsù Aurora”, in Scritti di storia dell’arte in onore di Federico Zeri, 2: 718-719.

Questo articolo è già stato pubblicato sulla rivista "ITALIA ORNITOLOGICA" n. 11/2019
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Max max
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Re: IL CIUFFOLOTTO NELLE NATURE MORTE DEI SECOLI XVII E XVIII

Messaggio da Max max »

Piacevole lettura.......
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Anna
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Re: IL CIUFFOLOTTO NELLE NATURE MORTE DEI SECOLI XVII E XVIII

Messaggio da Anna »

Molto interessante.....
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Massimo
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Re: IL CIUFFOLOTTO NELLE NATURE MORTE DEI SECOLI XVII E XVIII

Messaggio da Massimo »

Interessantissimo! È un piacere leggere articoli come questo!
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Piero
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Re: IL CIUFFOLOTTO NELLE NATURE MORTE DEI SECOLI XVII E XVIII

Messaggio da Piero »

Interessantissimo e favoloso.....
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Toto23
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Re: IL CIUFFOLOTTO NELLE NATURE MORTE DEI SECOLI XVII E XVIII

Messaggio da Toto23 »

Bello, molto bello davvero......
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Haemorhous Mexicanus
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Re: IL CIUFFOLOTTO NELLE NATURE MORTE DEI SECOLI XVII E XVIII

Messaggio da Haemorhous Mexicanus »

Grazie per la condivisione...... Articolo di questo calibro è giusto condividerli....
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Pippo
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Re: IL CIUFFOLOTTO NELLE NATURE MORTE DEI SECOLI XVII E XVIII

Messaggio da Pippo »

O....O....O...... Qui andiamo al massimo.....
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Giulia
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Re: IL CIUFFOLOTTO NELLE NATURE MORTE DEI SECOLI XVII E XVIII

Messaggio da Giulia »

Letto molto scorrevole, significativo è interessante
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